Il Bambino con ritardo puberale

di Mauro Bozzola, Professore Ordinario di Pediatria

Sviluppo puberale normale

Nel 95% dei soggetti sani, di etnia caucasica (razza bianca), la comparsa della ghiandola mammaria, nota come “bottone” mammario si osserva nella femmina tra gli 8 ed i 13 anni e dopo 2-2 e mezzo anni compaiono le prime mestruazioni, mentre nel maschio l’ingrandimento del testicolo oltre i 4 ml (misurabile con l’orchidometro di Prader) si presenta tra i 10 ed i 14 anni e raggiunge le dimensioni dell’adulto dopo circa 3 anni. Lo scatto di crescita, noto come “spurt puberale”, si riscontra nella femmina tra il 2° e il 3° stadio dello sviluppo della mammella, mentre nel maschio più tardi tra il 3° e il 4° stadio, quando il testicolo raggiunge i 12-15 ml di volume. A volte alcuni maschi presentano nel periodo puberale la comparsa della ghiandola mammaria (ginecomastia), che è priva di significato patologico e generalmente scompare entro pochi anni. In entrambi i sessi, la peluria al pube, nota come pubarca, e quella ascellare (axillarca) con odore acre del sudore, non sono indicativi di pubertà, in quanto dipendenti dagli androgeni secreti dalla ghiandola surrenalica.

Adolescente con ritardo dello sviluppo puberale: cos’è, cosa fare

Il seno che tarda a comparire, le mestruazioni che non arrivano o il ritardo in generale nella comparsa dei caratteri sessuali secondari sono motivo di ansia nelle ragazze e nei ragazzi, e di preoccupazione nei genitori, che temono nel ritardo dello sviluppo puberale possibili conseguenze sulla maturazione sessuale.

Quando si può pensare a un ritardo dello sviluppo puberale?

Generalmente questa condizione è più frequente nel maschio. Nei Paesi europei il ritardo puberale nella femmina è definito come l’assenza de bottone mammario dopo l’età di 13 anni oppure la mancanza di flussi mestruali dopo cinque anni dalla comparsa della mammella oppure dopo l’età di 16 anni. Nel maschio il ritardo puberale è definito come il mancato ingrandimento del volume testicolare (> 4 ml) all’età di 14 anni oppure il mancato raggiungimento del completo sviluppo genitale dopo cinque anni dal suo inizio.

Cosa fare quando la pubertà tarda ad arrivare?

Dopo un’accurata anamnesi, è necessario sottoporre l’adolescente a una completa valutazione che prevede la misurazione dell’altezza, del peso e della velocità di crescita, e a un esame clinico mirato alla ricerca di segni particolari che possano evocare una sindrome e/o una malattia sistemica, oltre alla valutazione dello sviluppo puberale e della sua progressione.

La causa più frequente, specie nel sesso maschile, è il Ritardo Costituzionale di Crescita e Pubertà (RCCP), condizione non patologica, caratterizzata da bassa statura e ritardata maturazione scheletrica.

Spesso è presente un ritardo puberale in uno dei genitori. Si tratta generalmente di una condizione transitoria con prognosi buona sia per quanto concerne la statura sia per la futura capacità riproduttiva. A volte, però questi soggetti non raggiungono in età adulta la statura programmata dai genitori (Target genetico)

Gli adolescenti affetti da RCCP possono presentare un rallentamento della velocità di crescita (rallentamento peripuberale) con sviluppo puberale e maturazione ossea ritardati rispetto ai coetanei. La diagnosi viene formulata escludendo altre cause di ritardo puberale come le cause organiche, genetiche, nutrizionali e psicologiche. Si deve escludere la presenza di un malassorbimento intestinale, in particolare una celiachia e un morbo di Crohn, oltre ad un ipotiroidismo subclinico. L’eccessiva attività ginnico-sportiva può essere responsabile di un ritardo puberale, come è stato osservato per la prima volta in giovani ballerine sottoposte ad allenamenti intensi e prolungati.
Solo in casi selezionati si ricorre all’utilizzo di test dinamici, quali la risposta delle gonadotropine ipofisaria dopo test di stimolo con GnRH, l’ecografia pelvica per valutare le dimensioni dell’utero e delle ovaie, e la radiografia della mano per verificare la maturazione scheletrica.

Se gli esami evidenziano una produzione insufficiente di testosterone nel maschio o di estrogeni nella femmina, associata ad elevati livelli di gonadotropine ipofisarie dopo GnRH test (ipogonadismo ipergonadotropo) sarà necessaria l’esecuzione del cariogramma per escludere un’alterazione cromosomica, quale la sindrome di Turner nelle femmine o la sindrome di Klinefelter nel maschio, che comportano una mancata progressione puberale e problemi di infertilità in età adulta.

Se, invece, la secrezione di gonadotropine risultasse ridotta (ipogonadismo ipogonadotropo) si potrebbe sospettare un deficit isolato di gonadotropine, quali la sindrome di Kallmann (spesso associata a riduzione dell’olfatto, ipo- o anosmia), o associato a deficit di ormone della crescita (growth hormone, GH), quale il panipopituitarismo. Spesso è difficile distinguere una condizione transitoria, quale il ritardo puberale, da una permanente, quale l’ipogonadismo ipogonadotropo.

Pertanto a volte è indicata un’analisi genetica mirata ad evidenziare un’alterazione dei fattori di trascrizione ed una risonanza magnetica nucleare dell’encefalo per escludere alterazioni morfologiche o neoplasie.
Una grave magrezza deve suggerire la possibilità di una anoressia nervosa, mentre un’obesità marcata deve far sospettare obesità genetiche, quali la sindrome di Prader Willi o di Laurence-Moon-Bield.

Può essere coinvolta un’alterazione genetica dei fattori di trascrizione che regolano lo sviluppo dell’ipofisi durante l’embriogenesi, quali ad esempio il POUF-1, LHX-3, LHX-4 e HESX-1, che comporta la comparsa di deficit ipofisari multipli. In questi casi, è necessario eseguire una risonanza magnetica nucleare mirata allo studio della regione ipotalamo-ipofisaria per escludere alterazioni morfologiche o neoplasie, quali l’adenoma o il microadenoma o il craniofaringioma.

L’assenza della secrezione gonadotropinica è riscontrata nei soggetti sottoposti a chemioterapia e/o terapia radiante per patologie onco-ematologiche pregresse.

La diagnosi differenziale richiede un accurato esame obiettivo con esclusione di sindromi dismorfiche. Utile nella femmina un’ecografia pelvica per valutare la morfologia e le dimensioni dell’utero e delle ovaie. In entrambi i sessi, un’età ossea ritardata in rapporto all’età cronologica indica che l’accrescimento staturale non è ancora completo. Il dosaggio delle gonadotropine ipofisarie, FSH e LH, in risposta alla stimolazione con GnRH suggerisce un ipogonadismo ipo- o iper-gonadotropo in soggetti di età superiore almeno ai 12 anni, senza essere però discriminanti.

L’indicazione al trattamento nel RCCP è limitata a soggetti di età superiore ai 14 anni con seri disturbi psicologici (esempio, vittime di bullismo).

Nelle forme di ipogonadismo iper – o ipogonadotropo è indicata una terapia sostitutiva ormonale. Nel maschio si utilizza il testosterone per gel sulla cute per indurre lo sviluppo sessuale secondario (virilizzazione). Nella femmina, si inizia con basse dosi di estradiolo tramite cerotti transdermici, a cui si aggiunge progesterone entro un anno per indurre i flussi mestruali.

In conclusione, gli adolescenti con RCCP presentano un ritardato inizio della pubertà la quale compare spontaneamente, mentre quelli con ipogonadismo non iniziano lo sviluppo puberale in modo spontaneo. In molti soggetti la valutazione clinica non è in grado di distinguere le due condizioni. La mancata progressione della pubertà per più di tre anni dalla comparsa della ghiandola mammaria nella femmina e per più di cinque anni dall’inizio dell’ingrandimento testicolare (> 4 ml) nel maschio conferma la diagnosi di ipogonadismo. In caso di ansia da parte dei pazienti e/o dei loro genitori è auspicabile proporre accertamenti diagnostici mirati per formulare una diagnosi corretta.